Nell’analizzare due dei più grandi capolavori della storia dell’Opera non bisogna cadere nel banale e frequente errore commesso da molti appassionati, ovvero chiedersi: quale titolo è il migliore?
Non esiste una risposta univoca perché il potere della grande musica è quello di scatenare emozioni e pareri molto differenti tra di loro.
Non avrebbe senso confrontare Don Giovanni e Rigoletto nell’ottica di decidere quale delle due opere è la migliore; quello che si può fare è un’analisi dei due titoli alla luce delle loro analogie e differenze, al fine di poterne meglio apprezzare i significati e le peculiarità. Il mondo dell’arte è il più democratico che esista: ad ognuno è concesso di esprimere, motivandola, la propria opinione. Ognuno ha gusti è sensibilità diverse. Se pertanto state cercando di capire chi vince tra Rigoletto e Don Giovanni andate altrove; in questo articolo, per fortuna, ci occuperemo d’altro.
Tornando al nostro quesito iniziale, Don Giovanni e Rigoletto non sono assolutamente due facce della stessa medaglia, anche se si possono trovare delle analogie tra le due opere. Il più grande tratto in comune si trova nelle intenzioni dei due compositori: la critica sociale, la denuncia della corruzione del potere e della falsa moralità.
Mozart, proseguendo in musica il lavoro di Tirso de Molina e Molière, costruisce un personaggio sublime che diventa il simbolo della lotta contro le convenzioni sociali e l’idea di moralità espressa dalla Chiesa Cattolica. Don Giovanni è un uomo libero, indipendente, padrone del proprio destino e consapevole delle proprie scelte. Egli incarna i vizi e i desideri nascosti degli uomini del suo e di ogni secolo. Egli è il più vero di tutti gli esseri umani perché non ha bisogno di nascondersi dietro finti moralismi o dietro ad una facciata di rispettabilità per appagare i suoi desideri ed istinti più naturali.
In Rigoletto invece, la satira si concentra di più sul potere politico, sulla sua corruzione e meschinità. L’ambientazione è quella mantovana, ma la Corte dei Gonzaga si eleva ad archetipo di qualsiasi centro di potere monarchico.
Verdi, quasi ariosticamente, non esita a dipingere la corte come un covo di serpi dove regnano l’inganno, l’ipocrisia e l’eccessiva mondanità. Un’opera profondamente critica nei confronti del potere e dei potenti. Non stupisce quindi che, entrambe le opere, abbiano avuto dei problemi con la censura ed il pubblico del tempo: per la prima rappresentazione a Vienna Mozart, temendo le critiche di un pubblico notoriamente conservatore, fu costretto ad effettuare tagli e correzioni rispetto alla prima versione andata in scena a Praga. L’opera non fu comunque ben accolta dal pubblico viennese, sia per i temi “scandalosi” sia per il fatto che un nobile, Don Giovanni, alla fine veniva punito.
Per quanto riguarda Rigoletto sappiamo che fu una delle opere verdiane più duramente attaccate dalla censura ottocentesca. L’opera di Verdi, tratta dal dramma di Victor Hugo Le Roi s’amuse si presenta molto diversa dal testo del grande letterato francese. Hugo aveva ritratto la dissolutezza della corte francese e le avventure galanti del re Francesco I; la censura obbligò Verdi a trasportare il dramma a Mantova, al tempo dei Gonzaga – dinastia non più regnante- perché non si poteva rappresentare in scena la corte francese, mentre le parti considerate più “volgari” vennero modificate.
Dal punto di vista musicale le opere sono profondamente diverse. Entrambe sono pienamente immerse nel contesto storico, culturale e geografico dei rispettivi autori. Il Don Giovanni rappresenta uno dei punti più alti dell’Opera settecentesca preparando la strada verso l’800 musicale; Rigoletto è invece il melodramma “all’italiana” per eccellenza, con tutte le sue melodie, situazioni e concezioni drammatiche.
Eppure è proprio su questo terreno che notiamo il punto di maggiore affinità tra Mozart e Verdi. Citiamo le danze alla fine del I Atto del Don Giovanni e quelle all’inizio del I Atto del Rigoletto; il minuetto verdiano ci appare del tutto simile alla Prima Danza del Don Giovanni.
Si può tranquillamente parlare di citazione mozartiana ma non di certo di copia spudorata, sarebbe una conclusione superficiale e scorretta.
Come ben ha fatto notare il maestro Riccardo Muti in una sua lezione sul Rigoletto all’Università Bocconi di Milano Verdi, essendo nato e cresciuto nel Nord Italia, aveva naturalmente compiuto la sua formazione musicale studiando i grandi maestri tedeschi, tra i quali Mozart. Non è quindi una questione di copia ma di vicinanza geografica ed educazione: il Cigno di Busseto era naturalmente esposto all’influenza e agli insegnamenti dei musicisti d’oltralpe.
Verdi sviluppò poi, sin dagli albori della sua carriera, uno stile palesemente diverso ed indipendente, profondamente “italiano”, senza però dimenticare gli studi della sua giovinezza.
All’epoca della composizione del Rigoletto, 1851, Il Don Giovanni rappresentava il più grande esempio di connubio tra opera e musica da ballo; era quindi naturale che Verdi tenesse ben presente l’esempio mozartiano per creare delle musiche che rimandassero ad un ambiente cortigiano.
Nel suo libro “Musica nel Teatro” Pierluigi Petrobelli spiega che nel Minuetto del Rigoletto Verdi elimina le parti di Mozart con l’oboe e i corni ma mantiene, al momento di ripetere il tema della danza, gli stessi accordi spezzati di semicrome usati dal compositore salisburghese.
La prima danza verdiana e l’aggiunta del Perigordino (danza francese del XVIII secolo) non trovano invece riscontri nel Don Giovanni.
Quali sono invece le differenze tra Don Giovanni e Rigoletto?
Sicuramente tante, soprattutto dal punto di vista dello stile musicale ma anche per quanto riguarda il carattere dei personaggi e la struttura dell’opera.
Don Giovanni è un’opera tipicamente settecentesca nella forma (si pensi ai recitativi accompagnati dal clavicembalo o dal fortepiano), nell’orchestrazione e nei temi trattati.
Don Giovanni è pienamente immerso nel clima illuministico del XVIII secolo: la partitura musicale è il frutto di un genio musicale naturale e spontaneo ma nonostante ciò presenta un equilibrio interno tra le parti tipico della mentalità razionalistica del Secolo dei Lumi. La stessa morale finale è pienamente illuminista: la giustizia trionfa sempre. Don Giovanni viene spedito all’inferno per i suoi misfatti e per la sua vita da peccatore/seduttore. Anche se nobile egli verrà punito perché la legge è uguale per tutti.
Rigoletto invece, insieme ad altri titoli verdiani, rappresenta l’apice del melodramma italiano del XIX secolo; sia per lo stile musicale del suo compositore, sia per la fonte letteraria del libretto, il capolavoro verdiano è impregnato di quel romanticismo strabordante ed incontrollabile tipico della prima metà dell’Ottocento.
In Rigoletto le note diventano incontrollabili nel loro fluire musicale e rendono tangibile la forza delle emozioni e delle passioni che animano i protagonisti della vicenda. Nell’opera di Verdi non c’è giustizia finale. Nel Romanticismo ciò che domina è il destino cieco ed incontrollabile che, nella fattispecie, viene esemplificato dal tema della Maledizione: Rigoletto si prende gioco di Monterone accorso alla Corte del Duca per reclamare l’onore della figlia; il buffone, anch’egli padre, verrà colpito dalla maledizione scagliata dal vecchio che gli porterà via il suo bene più prezioso: la figlia Gilda.
In entrambe le opere si trova il binomio servo padrone anche se la caratterizzazione dei personaggi è molto diversa. Leporello si lamenta costantemente della sua condizione e dei compiti che il suo padrone gli affida ma non si ribella mai al volere di Don Giovanni; critica anche fortemente la condotta libertina del suo padrone ma allo stesso tempo lo invidia perché anche lui vorrebbe passare la vita a sedurre ed abbandonare le donne: “voglio fare il gentiluomo”.
Rigoletto, invece, più che un servo è un buffone per natura. Per temperamento e aspetto fisico è costretto sempre a ridere e a fare scherzi ma, a differenza di Leporello, non è così remissivo nei confronti del Duca di Mantova. La differenza tra i due è che Rigoletto, oltre che servo/buffone è anche padre e per sua figlia sarebbe disposto a tutto; quando il buffone scoprirà che la figlia è stata sedotta ed insidiata dal Duca, inizierà a pianificare la sua vendetta contro di questi, vendetta che non si compirà perché la maledizione di Monterone si scaglierà implacabile su Gilda e, indirettamente, su Rigoletto stesso.
Passando alla “coppia” dei padroni occorre dire che troppo spesso il Duca di Mantova viene liquidato come un Don Giovanni nostrano; egli è sicuramente un seduttore che non si fa scrupoli ad ingannare le donne ma è lontano anni luce dalla genialità e dal fascino del protagonista mozartiano.
Don Giovanni è un uomo abile ed intelligente che dispone di tutta una serie di doti che lo portano ad avere successo con le donne. Nella sua malvagità egli è sublime perché nei suoi corteggiamenti non è mai scontato o convenzionale.
Il Duca di Mantova non è niente di tutto ciò. Egli è sicuramente un seduttore di successo ma in quanto a genialità e creatività nell’inganno non riesce a raggiungere la grandiosità di Don Giovanni. Il seduttore verdiano ha sicuramente dalla sua parte la bellezza ed il fascino del potere ma non è minimamente scaltro ed attento. Quando è in preda all’amore, a differenza di Don Giovanni, perde facilmente la lucidità; non sorprende quindi che segua Maddalena –la sorella del sicario Sparafucile che ha il compito di ucciderlo- e solo fortuitamente riesca a salvarsi da un tragico destino.
E per quanto riguarda il motore dell’azione? In Mozart il fulcro dell’opera sono le avventure galanti di Don Giovanni e le reazioni che queste scatenano negli altri personaggi: la gelosia in Masetto, l’invidia in Leporello, la volontà di redenzione in Donna Elvira e la sete di vendetta in Donna Anna e Don Ottavio.
In Verdi la vicenda si evolve invece attorno al tema della maledizione che permea l’opera dall’inizio alla fine. Le vicende del Duca di Mantova come seduttore diventano quindi un accessorio, un modo in cui questa maledizione agirà contro Rigoletto.
Pur nelle loro affinità, Don Giovanni e Rigoletto sono due opere profondamente diverse tra di loro. Due pilastri fondamentali della storia del Teatro d’Opera, i capolavori di due geni musicali naturalmente diversi tra di loro che possiedono però un dono straordinario in comune che è proprio dei Grandi: la capacità di emozionare, con la stessa forza di sempre, generazioni e generazioni di appassionati. Questa è l’Arte… qualcosa di straordinario!
Non esiste una risposta univoca perché il potere della grande musica è quello di scatenare emozioni e pareri molto differenti tra di loro.
Non avrebbe senso confrontare Don Giovanni e Rigoletto nell’ottica di decidere quale delle due opere è la migliore; quello che si può fare è un’analisi dei due titoli alla luce delle loro analogie e differenze, al fine di poterne meglio apprezzare i significati e le peculiarità. Il mondo dell’arte è il più democratico che esista: ad ognuno è concesso di esprimere, motivandola, la propria opinione. Ognuno ha gusti è sensibilità diverse. Se pertanto state cercando di capire chi vince tra Rigoletto e Don Giovanni andate altrove; in questo articolo, per fortuna, ci occuperemo d’altro.
Tornando al nostro quesito iniziale, Don Giovanni e Rigoletto non sono assolutamente due facce della stessa medaglia, anche se si possono trovare delle analogie tra le due opere. Il più grande tratto in comune si trova nelle intenzioni dei due compositori: la critica sociale, la denuncia della corruzione del potere e della falsa moralità.
Mozart, proseguendo in musica il lavoro di Tirso de Molina e Molière, costruisce un personaggio sublime che diventa il simbolo della lotta contro le convenzioni sociali e l’idea di moralità espressa dalla Chiesa Cattolica. Don Giovanni è un uomo libero, indipendente, padrone del proprio destino e consapevole delle proprie scelte. Egli incarna i vizi e i desideri nascosti degli uomini del suo e di ogni secolo. Egli è il più vero di tutti gli esseri umani perché non ha bisogno di nascondersi dietro finti moralismi o dietro ad una facciata di rispettabilità per appagare i suoi desideri ed istinti più naturali.
In Rigoletto invece, la satira si concentra di più sul potere politico, sulla sua corruzione e meschinità. L’ambientazione è quella mantovana, ma la Corte dei Gonzaga si eleva ad archetipo di qualsiasi centro di potere monarchico.
Verdi, quasi ariosticamente, non esita a dipingere la corte come un covo di serpi dove regnano l’inganno, l’ipocrisia e l’eccessiva mondanità. Un’opera profondamente critica nei confronti del potere e dei potenti. Non stupisce quindi che, entrambe le opere, abbiano avuto dei problemi con la censura ed il pubblico del tempo: per la prima rappresentazione a Vienna Mozart, temendo le critiche di un pubblico notoriamente conservatore, fu costretto ad effettuare tagli e correzioni rispetto alla prima versione andata in scena a Praga. L’opera non fu comunque ben accolta dal pubblico viennese, sia per i temi “scandalosi” sia per il fatto che un nobile, Don Giovanni, alla fine veniva punito.
Per quanto riguarda Rigoletto sappiamo che fu una delle opere verdiane più duramente attaccate dalla censura ottocentesca. L’opera di Verdi, tratta dal dramma di Victor Hugo Le Roi s’amuse si presenta molto diversa dal testo del grande letterato francese. Hugo aveva ritratto la dissolutezza della corte francese e le avventure galanti del re Francesco I; la censura obbligò Verdi a trasportare il dramma a Mantova, al tempo dei Gonzaga – dinastia non più regnante- perché non si poteva rappresentare in scena la corte francese, mentre le parti considerate più “volgari” vennero modificate.
Dal punto di vista musicale le opere sono profondamente diverse. Entrambe sono pienamente immerse nel contesto storico, culturale e geografico dei rispettivi autori. Il Don Giovanni rappresenta uno dei punti più alti dell’Opera settecentesca preparando la strada verso l’800 musicale; Rigoletto è invece il melodramma “all’italiana” per eccellenza, con tutte le sue melodie, situazioni e concezioni drammatiche.
Eppure è proprio su questo terreno che notiamo il punto di maggiore affinità tra Mozart e Verdi. Citiamo le danze alla fine del I Atto del Don Giovanni e quelle all’inizio del I Atto del Rigoletto; il minuetto verdiano ci appare del tutto simile alla Prima Danza del Don Giovanni.
Si può tranquillamente parlare di citazione mozartiana ma non di certo di copia spudorata, sarebbe una conclusione superficiale e scorretta.
Come ben ha fatto notare il maestro Riccardo Muti in una sua lezione sul Rigoletto all’Università Bocconi di Milano Verdi, essendo nato e cresciuto nel Nord Italia, aveva naturalmente compiuto la sua formazione musicale studiando i grandi maestri tedeschi, tra i quali Mozart. Non è quindi una questione di copia ma di vicinanza geografica ed educazione: il Cigno di Busseto era naturalmente esposto all’influenza e agli insegnamenti dei musicisti d’oltralpe.
Verdi sviluppò poi, sin dagli albori della sua carriera, uno stile palesemente diverso ed indipendente, profondamente “italiano”, senza però dimenticare gli studi della sua giovinezza.
All’epoca della composizione del Rigoletto, 1851, Il Don Giovanni rappresentava il più grande esempio di connubio tra opera e musica da ballo; era quindi naturale che Verdi tenesse ben presente l’esempio mozartiano per creare delle musiche che rimandassero ad un ambiente cortigiano.
Nel suo libro “Musica nel Teatro” Pierluigi Petrobelli spiega che nel Minuetto del Rigoletto Verdi elimina le parti di Mozart con l’oboe e i corni ma mantiene, al momento di ripetere il tema della danza, gli stessi accordi spezzati di semicrome usati dal compositore salisburghese.
La prima danza verdiana e l’aggiunta del Perigordino (danza francese del XVIII secolo) non trovano invece riscontri nel Don Giovanni.
Quali sono invece le differenze tra Don Giovanni e Rigoletto?
Sicuramente tante, soprattutto dal punto di vista dello stile musicale ma anche per quanto riguarda il carattere dei personaggi e la struttura dell’opera.
Don Giovanni è un’opera tipicamente settecentesca nella forma (si pensi ai recitativi accompagnati dal clavicembalo o dal fortepiano), nell’orchestrazione e nei temi trattati.
Don Giovanni è pienamente immerso nel clima illuministico del XVIII secolo: la partitura musicale è il frutto di un genio musicale naturale e spontaneo ma nonostante ciò presenta un equilibrio interno tra le parti tipico della mentalità razionalistica del Secolo dei Lumi. La stessa morale finale è pienamente illuminista: la giustizia trionfa sempre. Don Giovanni viene spedito all’inferno per i suoi misfatti e per la sua vita da peccatore/seduttore. Anche se nobile egli verrà punito perché la legge è uguale per tutti.
Rigoletto invece, insieme ad altri titoli verdiani, rappresenta l’apice del melodramma italiano del XIX secolo; sia per lo stile musicale del suo compositore, sia per la fonte letteraria del libretto, il capolavoro verdiano è impregnato di quel romanticismo strabordante ed incontrollabile tipico della prima metà dell’Ottocento.
In Rigoletto le note diventano incontrollabili nel loro fluire musicale e rendono tangibile la forza delle emozioni e delle passioni che animano i protagonisti della vicenda. Nell’opera di Verdi non c’è giustizia finale. Nel Romanticismo ciò che domina è il destino cieco ed incontrollabile che, nella fattispecie, viene esemplificato dal tema della Maledizione: Rigoletto si prende gioco di Monterone accorso alla Corte del Duca per reclamare l’onore della figlia; il buffone, anch’egli padre, verrà colpito dalla maledizione scagliata dal vecchio che gli porterà via il suo bene più prezioso: la figlia Gilda.
In entrambe le opere si trova il binomio servo padrone anche se la caratterizzazione dei personaggi è molto diversa. Leporello si lamenta costantemente della sua condizione e dei compiti che il suo padrone gli affida ma non si ribella mai al volere di Don Giovanni; critica anche fortemente la condotta libertina del suo padrone ma allo stesso tempo lo invidia perché anche lui vorrebbe passare la vita a sedurre ed abbandonare le donne: “voglio fare il gentiluomo”.
Rigoletto, invece, più che un servo è un buffone per natura. Per temperamento e aspetto fisico è costretto sempre a ridere e a fare scherzi ma, a differenza di Leporello, non è così remissivo nei confronti del Duca di Mantova. La differenza tra i due è che Rigoletto, oltre che servo/buffone è anche padre e per sua figlia sarebbe disposto a tutto; quando il buffone scoprirà che la figlia è stata sedotta ed insidiata dal Duca, inizierà a pianificare la sua vendetta contro di questi, vendetta che non si compirà perché la maledizione di Monterone si scaglierà implacabile su Gilda e, indirettamente, su Rigoletto stesso.
Passando alla “coppia” dei padroni occorre dire che troppo spesso il Duca di Mantova viene liquidato come un Don Giovanni nostrano; egli è sicuramente un seduttore che non si fa scrupoli ad ingannare le donne ma è lontano anni luce dalla genialità e dal fascino del protagonista mozartiano.
Don Giovanni è un uomo abile ed intelligente che dispone di tutta una serie di doti che lo portano ad avere successo con le donne. Nella sua malvagità egli è sublime perché nei suoi corteggiamenti non è mai scontato o convenzionale.
Il Duca di Mantova non è niente di tutto ciò. Egli è sicuramente un seduttore di successo ma in quanto a genialità e creatività nell’inganno non riesce a raggiungere la grandiosità di Don Giovanni. Il seduttore verdiano ha sicuramente dalla sua parte la bellezza ed il fascino del potere ma non è minimamente scaltro ed attento. Quando è in preda all’amore, a differenza di Don Giovanni, perde facilmente la lucidità; non sorprende quindi che segua Maddalena –la sorella del sicario Sparafucile che ha il compito di ucciderlo- e solo fortuitamente riesca a salvarsi da un tragico destino.
E per quanto riguarda il motore dell’azione? In Mozart il fulcro dell’opera sono le avventure galanti di Don Giovanni e le reazioni che queste scatenano negli altri personaggi: la gelosia in Masetto, l’invidia in Leporello, la volontà di redenzione in Donna Elvira e la sete di vendetta in Donna Anna e Don Ottavio.
In Verdi la vicenda si evolve invece attorno al tema della maledizione che permea l’opera dall’inizio alla fine. Le vicende del Duca di Mantova come seduttore diventano quindi un accessorio, un modo in cui questa maledizione agirà contro Rigoletto.
Pur nelle loro affinità, Don Giovanni e Rigoletto sono due opere profondamente diverse tra di loro. Due pilastri fondamentali della storia del Teatro d’Opera, i capolavori di due geni musicali naturalmente diversi tra di loro che possiedono però un dono straordinario in comune che è proprio dei Grandi: la capacità di emozionare, con la stessa forza di sempre, generazioni e generazioni di appassionati. Questa è l’Arte… qualcosa di straordinario!