Lucio Silla
Dramma per musica in tre atti
Libretto di Giovanni de Gamerra (da Pietro Metastasio)
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Personaggi
Lucio Silla: dittatore (tenore)
Giunia: promessa sposa di Cecilio (soprano)
Cecilio: senatore proscritto (soprano)
Cinna: patrizio romano, amico di Cecilio e nemico occulto di Lucio Silla (soprano)
Celia: sorella di Lucio Silla (soprano)
Aufidio: tribuno amico di Lucio Silla (tenore)
Dramma per musica in tre atti
Libretto di Giovanni de Gamerra (da Pietro Metastasio)
Musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Personaggi
Lucio Silla: dittatore (tenore)
Giunia: promessa sposa di Cecilio (soprano)
Cecilio: senatore proscritto (soprano)
Cinna: patrizio romano, amico di Cecilio e nemico occulto di Lucio Silla (soprano)
Celia: sorella di Lucio Silla (soprano)
Aufidio: tribuno amico di Lucio Silla (tenore)
Il soggetto
Atto primo
Cecilio, senatore romano esiliato dal dittatore Silla, ritorna a Roma dove s’incontra con l’amico Cinna. Subito Cecilio chiede all’amico notizie della sua promessa sposa Giunia che ora vive nel palazzo di Lucio Silla vittima di una tremenda quanto astuta bugia; il dittatore infatti, per conquistare l’amore della donna, le ha raccontato che Cecilio è morto. L’unico modo per incontrare Giunia è raggiungerla sulla tomba del padre, anch’esso acerrimo nemico di Silla, dove si reca ogni giorno.
Nel frattempo Silla, all’interno del suo palazzo, è combattuto tra i consigli della sorella Celia – che lo invita ad essere sempre gentile con Giunia, anche se questa lo disprezza: prima o poi, la costanza della donna cederà di fronte all’evidenza della morte del marito- e i ben più bellicosi suggerimenti dell’amico Aufidio che esorta il dittatore ad usare la violenza se Giunia non vorrà cambiare idea. Silla si dimostra ancora clemente e prega l’amata sorella di far ragionare l’ostinata fanciulla.
Giunia entra in scena rattristata e mesta; Aufidio lascia solo Silla con la donna. Il dittatore chiede a Giunia come mai egli non possa mai vedere il sorriso sul suo bel volto e la donna, con coraggio e determinazione, risponde che lo disprezza profondamente. Ella rispetterà il volere del padre: Silla abborrire, sempre adorar lo sposo e poi morire”.
Cieco di rabbia Silla decide di mettere da parte i suoi sentimenti promettendo di uccidere quella donna testarda che seguita ad insultarlo e disprezzarlo.
L’atto si chiude nel luogo dove sono sepolti tutti i grandi eroi di Roma; Cecilio, seguendo il consiglio dell’amico Cinna, si è recato sul posto per avere la speranza di incontrare la sua amata Giunia che, prontamente, arriva per omaggiare la tomba del padre, accompagnata da un corteo che invoca libertà per il popolo romano dall’orrenda dittatura.
Rimasti soli e vinta l’incredulità, i due innamorati possono finalmente riabbracciarsi.
Atto secondo
Silla si dimostra risoluto nel voler punire Giunia con la morte; l’amico Aufidio però lo placa, dicendo che uccidendo la figlia di una così nobile famiglia romana, non farebbe nient’altro che aumentare l’odio nei suoi confronti rafforzando così i suoi nemici ed oppositori. Il tribuno plebeo propone quindi a Silla di chiedere Giunia in sposa di fronte al Senato romano come atto di pacificazione dopo le feroci lotte della guerra civile; Silla apprezza le parole dell’amico Aufidio dichiarando che ne seguirà il consiglio.
La sconsolata Celia entra in scena dicendo al fratello che ha fatto di tutto per convincere Giunia ad aprire il suo cuore ma la donna si è mostrata irremovibile; Silla comunica quindi alla sorella la decisione di sposare Giunia ma decide di non svelare completamente il piano. Il dittatore trova comunque l’occasione di rallegrare la sorella dicendole che vuole darla in sposa al suo amico Cinna; Celia chiede al fratello di poter essere lei stessa ad annunciare la bella notizia all’uomo amato.
Nel frattempo Cinna si trova a dover trattenere l’amico Cecilio che, in preda all’ira, vuole correre ad uccidere Silla come gli ha intimato Mario in un sogno. Cinna fa di tutto per trattenere l’amico, cercando di spiegargli che la sua irruenza rischierebbe di mandare all’aria un progetto di cospirazione frutto di molti anni di riflessione e ragionamento. Alla fine Cinna riuscirà nel suo intento paventando di fronte a Cecilio il rischio di perdere Giunia a causa di un’azione così rischiosa.
Nella scena successiva si ritrova Celia che incontra Cinna per dargli la notizia delle loro future nozze; la sorella di Silla teme però che Cinna non lo ami.
Rimasto solo, Cinna viene raggiunto da Giunia, che comunica all’amico del marito che Silla le ha imposto di presentarsi di fronte al Senato e al popolo romano; Cinna ha capito le trame del dittatore e spiega a Giunia che se Silla gli ha chiesto una cosa simile è solamente per chiedere ai senatori il consenso per sposarla. Cinna coglie poi l’occasione per spiegare a Giunia il suo piano per uccidere il dittatore; sarà la donna che dovrà uccidere Silla a letto. Giunia si rifiuta di diventare la carnefice del pur abborrito tiranno per evitare di infangare il nome della sua famiglia; Cinna comprende e si mostra pronto a compiere l’omicidio in nome della libertà di Roma.
Negli orti pensili del palazzo Aufidio comunica a Silla che il Senato è pronto per riceverlo; il dittatore dispone che il suo piano venga comunicato all’amico Cinna. Silla si dimostra anche pronto a perdonare gli insulti di Giunia ma la donna non cede dichiarandosi pronta a morire piuttosto che amarlo. Silla, combattuto tra la volontà di vendicare l’onore offeso e l’amore per Giunia, non ha il coraggio di ucciderla all’istante ma le promette che non morirà da sola.
Il secondo atto si chiude in Campidoglio dove prontamente Silla chiede ai senatori la mano di Giunia. Improvvisamente, tra lo stupore di tutti, irrompe in scena Cecilio pronto a sventare il matrimonio; subito dopo arriva anche Cinna che, tuttavia, fa credere a Silla di essere suo amico.
Giunia, come segno di fiducia, chiede a Cecilio di consegnare la sua spada; questi, dopo non poca esitazione cede alla richiesta della promessa moglie.
L’ira di Silla può quindi esplodere: una morte atroce viene promessa ai due amanti.
Atto Terzo
Nell’atrio che conduce alle prigioni, Cinna spiega quale piano aveva in mente per uccidere Silla e di come la prudenza, alla fine, abbia prevalso sul coraggio interrompendo l’impresa. Ma la speranza non deve venir meno; Cinna promette a Celia di portarla all’altare se questa sarà in grado di convincere il fratello a rinunciare all’amore di Giunia e a liberare Cecilio il quale, in verità, non crede che si possa cambiare un animo così crudele come quello di Silla. Celia promette di provarci e si reca dal fratello.
Successivamente Cecilio viene raggiunto dall’amata Giunia alla quale Silla ha concesso di rivedere per l’ultima volta l’amato. Giunia dichiara di voler morire al fianco del futuro marito per rimanere fedele al suo dovere di figlia e di sposa.
I due vengono però separati da Aufidio che costringe Cecilio a seguirlo nelle prigioni. I due innamorati si lasciano, convinti che non si rivedranno mai più.
Nel frattempo, nel salone del palazzo, Cinna e Celia cercano di convincere Silla che non è opportuno uccidere Cecilio per evitare ulteriori vendette e lotte intestine. Silla sembra non voler sentire ragione e convoca al suo cospetto sia Giunia che Cecilio ma, per lo stupore di tutti, non per condannarli a morte ma per liberarli e rendere possibili le loro nozze.
Silla, il tiranno ravveduto, perdona anche Cinna che confessa di aver fatto il doppio gioco e Aufidio che si pente dei perfidi consigli dati; depone poi l’alloro –simbolo della sua dittatura- per restituire la libertà alla patria Roma.
Atto primo
Cecilio, senatore romano esiliato dal dittatore Silla, ritorna a Roma dove s’incontra con l’amico Cinna. Subito Cecilio chiede all’amico notizie della sua promessa sposa Giunia che ora vive nel palazzo di Lucio Silla vittima di una tremenda quanto astuta bugia; il dittatore infatti, per conquistare l’amore della donna, le ha raccontato che Cecilio è morto. L’unico modo per incontrare Giunia è raggiungerla sulla tomba del padre, anch’esso acerrimo nemico di Silla, dove si reca ogni giorno.
Nel frattempo Silla, all’interno del suo palazzo, è combattuto tra i consigli della sorella Celia – che lo invita ad essere sempre gentile con Giunia, anche se questa lo disprezza: prima o poi, la costanza della donna cederà di fronte all’evidenza della morte del marito- e i ben più bellicosi suggerimenti dell’amico Aufidio che esorta il dittatore ad usare la violenza se Giunia non vorrà cambiare idea. Silla si dimostra ancora clemente e prega l’amata sorella di far ragionare l’ostinata fanciulla.
Giunia entra in scena rattristata e mesta; Aufidio lascia solo Silla con la donna. Il dittatore chiede a Giunia come mai egli non possa mai vedere il sorriso sul suo bel volto e la donna, con coraggio e determinazione, risponde che lo disprezza profondamente. Ella rispetterà il volere del padre: Silla abborrire, sempre adorar lo sposo e poi morire”.
Cieco di rabbia Silla decide di mettere da parte i suoi sentimenti promettendo di uccidere quella donna testarda che seguita ad insultarlo e disprezzarlo.
L’atto si chiude nel luogo dove sono sepolti tutti i grandi eroi di Roma; Cecilio, seguendo il consiglio dell’amico Cinna, si è recato sul posto per avere la speranza di incontrare la sua amata Giunia che, prontamente, arriva per omaggiare la tomba del padre, accompagnata da un corteo che invoca libertà per il popolo romano dall’orrenda dittatura.
Rimasti soli e vinta l’incredulità, i due innamorati possono finalmente riabbracciarsi.
Atto secondo
Silla si dimostra risoluto nel voler punire Giunia con la morte; l’amico Aufidio però lo placa, dicendo che uccidendo la figlia di una così nobile famiglia romana, non farebbe nient’altro che aumentare l’odio nei suoi confronti rafforzando così i suoi nemici ed oppositori. Il tribuno plebeo propone quindi a Silla di chiedere Giunia in sposa di fronte al Senato romano come atto di pacificazione dopo le feroci lotte della guerra civile; Silla apprezza le parole dell’amico Aufidio dichiarando che ne seguirà il consiglio.
La sconsolata Celia entra in scena dicendo al fratello che ha fatto di tutto per convincere Giunia ad aprire il suo cuore ma la donna si è mostrata irremovibile; Silla comunica quindi alla sorella la decisione di sposare Giunia ma decide di non svelare completamente il piano. Il dittatore trova comunque l’occasione di rallegrare la sorella dicendole che vuole darla in sposa al suo amico Cinna; Celia chiede al fratello di poter essere lei stessa ad annunciare la bella notizia all’uomo amato.
Nel frattempo Cinna si trova a dover trattenere l’amico Cecilio che, in preda all’ira, vuole correre ad uccidere Silla come gli ha intimato Mario in un sogno. Cinna fa di tutto per trattenere l’amico, cercando di spiegargli che la sua irruenza rischierebbe di mandare all’aria un progetto di cospirazione frutto di molti anni di riflessione e ragionamento. Alla fine Cinna riuscirà nel suo intento paventando di fronte a Cecilio il rischio di perdere Giunia a causa di un’azione così rischiosa.
Nella scena successiva si ritrova Celia che incontra Cinna per dargli la notizia delle loro future nozze; la sorella di Silla teme però che Cinna non lo ami.
Rimasto solo, Cinna viene raggiunto da Giunia, che comunica all’amico del marito che Silla le ha imposto di presentarsi di fronte al Senato e al popolo romano; Cinna ha capito le trame del dittatore e spiega a Giunia che se Silla gli ha chiesto una cosa simile è solamente per chiedere ai senatori il consenso per sposarla. Cinna coglie poi l’occasione per spiegare a Giunia il suo piano per uccidere il dittatore; sarà la donna che dovrà uccidere Silla a letto. Giunia si rifiuta di diventare la carnefice del pur abborrito tiranno per evitare di infangare il nome della sua famiglia; Cinna comprende e si mostra pronto a compiere l’omicidio in nome della libertà di Roma.
Negli orti pensili del palazzo Aufidio comunica a Silla che il Senato è pronto per riceverlo; il dittatore dispone che il suo piano venga comunicato all’amico Cinna. Silla si dimostra anche pronto a perdonare gli insulti di Giunia ma la donna non cede dichiarandosi pronta a morire piuttosto che amarlo. Silla, combattuto tra la volontà di vendicare l’onore offeso e l’amore per Giunia, non ha il coraggio di ucciderla all’istante ma le promette che non morirà da sola.
Il secondo atto si chiude in Campidoglio dove prontamente Silla chiede ai senatori la mano di Giunia. Improvvisamente, tra lo stupore di tutti, irrompe in scena Cecilio pronto a sventare il matrimonio; subito dopo arriva anche Cinna che, tuttavia, fa credere a Silla di essere suo amico.
Giunia, come segno di fiducia, chiede a Cecilio di consegnare la sua spada; questi, dopo non poca esitazione cede alla richiesta della promessa moglie.
L’ira di Silla può quindi esplodere: una morte atroce viene promessa ai due amanti.
Atto Terzo
Nell’atrio che conduce alle prigioni, Cinna spiega quale piano aveva in mente per uccidere Silla e di come la prudenza, alla fine, abbia prevalso sul coraggio interrompendo l’impresa. Ma la speranza non deve venir meno; Cinna promette a Celia di portarla all’altare se questa sarà in grado di convincere il fratello a rinunciare all’amore di Giunia e a liberare Cecilio il quale, in verità, non crede che si possa cambiare un animo così crudele come quello di Silla. Celia promette di provarci e si reca dal fratello.
Successivamente Cecilio viene raggiunto dall’amata Giunia alla quale Silla ha concesso di rivedere per l’ultima volta l’amato. Giunia dichiara di voler morire al fianco del futuro marito per rimanere fedele al suo dovere di figlia e di sposa.
I due vengono però separati da Aufidio che costringe Cecilio a seguirlo nelle prigioni. I due innamorati si lasciano, convinti che non si rivedranno mai più.
Nel frattempo, nel salone del palazzo, Cinna e Celia cercano di convincere Silla che non è opportuno uccidere Cecilio per evitare ulteriori vendette e lotte intestine. Silla sembra non voler sentire ragione e convoca al suo cospetto sia Giunia che Cecilio ma, per lo stupore di tutti, non per condannarli a morte ma per liberarli e rendere possibili le loro nozze.
Silla, il tiranno ravveduto, perdona anche Cinna che confessa di aver fatto il doppio gioco e Aufidio che si pente dei perfidi consigli dati; depone poi l’alloro –simbolo della sua dittatura- per restituire la libertà alla patria Roma.
Lucio Silla: gli albori di un genio
Quando Mozart nel 1772 compose quest’opera, aveva appena sedici anni. Il Lucio Silla è il frutto del terzo viaggio in Italia, dove il giovane Wolfgang aveva già soggiornato dal 1769 al 1771.
L’ultima avventura italiana del genio salisburghese fu concepita dal padre Leopold come una sorta di definitivo trampolino di lancio per il figlio nel mondo dell’opera lirica italiana.
L’occasione sembrava ghiotta: un’opera commissionata dall’allora Teatro Regio Ducale di Milano, Lucio Silla appunto, su libretto di Giovanni de Gamerra (poi rivisto da Metastasio), librettista livornese di origine spagnola. Come si evince dalle memorie del padre di Mozart, Wolfgang fu costretto a modificare alcune parti della partitura proprio a causa delle successive modifiche di Metastasio che, secondo lo stesso Gamerra, erano da considerarsi come un valore aggiunto, una miglioria del libretto stesso.
I Mozart si stabilirono quindi a Milano - città già visitata in occasione del primo viaggio in Italia del 1769- dove Wolfgang si dedicò alla composizione dell’opera tra l’ottobre ed il dicembre del 1772. La prima venne fissata per il 26 dicembre dello stesso anno e nel cast erano presenti anche cantanti di rilievo come Anna de Amicis e il celeberrimo castrato Venanzio Rauzzini. Il debutto del Lucio Silla fu un successo a metà; nonostante il malcontento del pubblico per la presenza del debole tenore Bassano Morgnoni, come sostituto del ben più accreditato ma indisposto Arcangelo Cortoni, il soggetto piacque anche se poi l’opera cadde nel dimenticatoio dopo un discreto numero di repliche.
Il timido successo milanese sembrò essere, per il giovane Mozart, un preludio ad una carriera artistica alle dipendenze del Granduca di Toscana Pietro Leopoldo, sogno che, alla fine, non si realizzò mai.
Dal punto di vista delle aspettative non realizzate quindi, sappiamo che il Terzo viaggio in Italia si concluse con un insuccesso, tanto che Wolfgang abbandonò per sempre l’Italia per non farvi mai più ritorno; i successi e la fama sarebbero arrivati qualche anno più tardi, in Austria e a Praga.
Il destino delle opere giovanili, sfortunatamente, è quello di non essere considerate o peggio di essere dimenticate. Avviene così per quasi tutti i compositori, anche quelli più amati, e così è stato anche per Mozart. Si capisce che di fronte alla perfezione e alla completezza delle opere della trilogia dapontiana, la sorte del Lucio Silla non potesse essere altro che quello di cadere nell’oblio. Eppure quest’opera giovanile merita sicuramente una riflessione.
Uno dei fattori che sicuramente indurrà a ripensare al valore artistico di questo prodotto mozartiano è il confronto impietoso tra la brillantezza della musica e la banalità del libretto.
Il libretto di Gamerra – non occorre essere un critico letterario per capirlo- è mediocre, banale, quasi insignificante. Anzitutto non esiste un intreccio fluido ed avvincente capace di attrarre l’attenzione dello spettatore; le vicende si sviluppano per quadri separati che danno l’idea più di una successione automatica degli eventi più che di una concatenazione.
Nel testo del Gamerra, inoltre, è totalmente assente un’evoluzione dei personaggi che, dall’inizio alla fine, appaiono come dei monoliti, dei robot programmati per fare solo determinate cose e quindi immutabili, o che se evolvono non lo fanno in maniera credibile. Basti pensare all’epilogo: il perfido dittatore Silla si trasforma, nel giro di una scena, da malvagio tiranno insensibile e violento, a despota illuminato che rinuncia a tutto quello per cui aveva combattuto nel corso dell’opera. È chiaro che un epilogo del genere appare come calato dall’alto e quindi del tutto insignificante.
La trama è ulteriormente indebolita dalla mancanza di personaggi secondari completi e di spessore; i gregari, nel Lucio Silla, non appaiono come soggetti in grado di rafforzare la struttura dell’opera ma, al contrario, si presentano come personaggi totalmente incolore ed insignificanti. Pensiamo alla povera Celia e al suo imbarazzante innamoramento per Cinna o per Aufidio che si presenta per tutta l’opera come il cattivo per eccellenza – valido consigliere di Silla- salvo poi ricredersi e pentirsi di tutti i suoi misfatti nel mieloso clima finale di perdono e ripensamento.
Leggendo un commento del genere verrebbe immediatamente da pensare che il Lucio Silla sia un’opera da dimenticare, da cestinare. Lo sarebbe se si considerasse solo l’aspetto teatrale e drammaturgico del libretto; ma non si è ancora parlato della musica.
È la partitura musicale che trasforma il libretto insignificante di uno squilibrato letterato settecentesco in un gioiellino di note ed accordi che commuove per precisione ed armonia.
Quando la melodia riesce a trasformare un soggetto banale in un prodotto artistico di tutto rispetto allora si capisce di essere in presenza di un genio della musica.
La prima cosa che colpisce ascoltando il Lucio Silla per la prima volta, è la facilità con cui si riconosce, fin dalle prime battute dell’ouverture, il tocco musicale di Mozart, quello stile tutto personale unico e peculiare che si associa immediatamente alle Nozze di Figaro oppure al Don Giovanni.
È straordinario pensare come lo stile musicale mozartiano fosse già sviluppato e coerente all’età di sedici anni. Questo aspetto diventa ancora più rilevante se si considera come l’estro creativo di Mozart riesce ad emergere in tutta la sua bellezza nonostante le forzate strutture dell’opera settecentesca, caratterizzata dalla banale ed ossessiva alternanza di recitativi ed arie, andando a modellare un’opera che è piacere assoluto per l’orecchio dell’ascoltatore e tormento e fatica per gli interpreti che sono costretti a delle prestazioni canore non indifferenti, dove si richiede il massimo del talento e della duttilità vocale.
Nonostante le carenze drammaturgiche, la vicenda del Lucio Silla rimane interessante anche per le tematiche affrontate e per il tipo di valori che emergono dall’azione dei personaggi. Si consideri, in primo luogo, che il Lucio Silla è un’opera pienamente illuminista, esattamente come lo sono le ben più conosciute Nozze di Figaro, Il Ratto dal Serraglio o il Fidelio beethoveniano.
Nell’opera milanese di Mozart, emerge fin da subito il tema della lotta per la libertà contro l’iniqua tirannia. La vicenda stoica del dittatore romano Silla diventa un pretesto per parlare di temi politici che, all’epoca della composizione dell’opera, erano molto in voga. L’opera tratta di usurpazione del potere, di tirannia e di tiranni spregevoli, di esilio e di uomini virtuosi, pronti a sacrificare loro stessi per il bene comune.
Il messaggio finale è più che positivo; non solo la tirannia cade, ma cade per volontà stessa del tiranno che, ravveduto, vuole mettere fine ai propri errori rinunciando ai suoi sogni d’amore iniqui e ai simboli del potere. Abbiamo già spiegato come questo epilogo sia irrealistico e poco convincente sotto il profilo teatrale ma può comunque rappresentare un aspetto importante di riflessione per capire come, già all’età di sedici anni, Mozart fosse sensibile i temi caldi della sua epoca, un’epoca di grande fermento culturale che di lì a poco sarebbe esplosa nel grande stravolgimento della Rivoluzione Francese. Lucio Silla quindi, non è un’opera irrilevante o il prodotto di un genio ancora immaturo; Lucio Silla, al contrario, è un’opera ragionata, pienamente figlia del suo tempo.
Se fosse stata scritta nell’Ottocento da un italiano, nel pieno delle lotte risorgimentali, Lucio Silla sarebbe stata facilmente definita come un’opera patriottica; i riferimenti alla storia romana, agli eroi e ai valori fondanti della stirpe italica sono costanti e ripetuti fino allo sfinimento. Giunia e Cecilio diventano gli eroi della vicenda, i campioni di virtù e fedeltà ai propri retti principi, i patrioti che combattono per la libertà di Roma dalla dittatura. Questo aspetto è forse maggiormente visibile in Giunia che mai cederà alle avances di Silla pur di rimanere fedele ai propri valori, nel segno del rispetto nei confronti del padre Mario – che ha perso la vita nella guerra contro Silla- e del marito Cecilio che tutti le dicono essere morto.
Giunia va quindi ad incarnare tutte quelle caratteristiche della donna virtuosa, capace di lottare per i propri ideali morali e politici rimanendo sempre fedele ai suoi doveri di moglie onesta, ma che allo stesso tempo si mostra coraggiosa ed indomabile nel cercare di portare avanti il proprio progetto. Un’antenata romana della Leonore beethoveniana si potrebbe dire.
Lucio Silla, un disastro drammaturgico elevato dalla bellezza e dalla genialità della musica: potrebbe essere questa l’essenza del titolo mozartiano ridotta ad una frase. L’opera non fu il trampolino di lancio per una brillante carriera nel mondo dell’opera italiana ma a noi piace pensare che sia stata l’inizio tormentato di un percorso brillante che ha regalato all’umanità alcuni dei più bei frutti della storia della musica.
Quando Mozart nel 1772 compose quest’opera, aveva appena sedici anni. Il Lucio Silla è il frutto del terzo viaggio in Italia, dove il giovane Wolfgang aveva già soggiornato dal 1769 al 1771.
L’ultima avventura italiana del genio salisburghese fu concepita dal padre Leopold come una sorta di definitivo trampolino di lancio per il figlio nel mondo dell’opera lirica italiana.
L’occasione sembrava ghiotta: un’opera commissionata dall’allora Teatro Regio Ducale di Milano, Lucio Silla appunto, su libretto di Giovanni de Gamerra (poi rivisto da Metastasio), librettista livornese di origine spagnola. Come si evince dalle memorie del padre di Mozart, Wolfgang fu costretto a modificare alcune parti della partitura proprio a causa delle successive modifiche di Metastasio che, secondo lo stesso Gamerra, erano da considerarsi come un valore aggiunto, una miglioria del libretto stesso.
I Mozart si stabilirono quindi a Milano - città già visitata in occasione del primo viaggio in Italia del 1769- dove Wolfgang si dedicò alla composizione dell’opera tra l’ottobre ed il dicembre del 1772. La prima venne fissata per il 26 dicembre dello stesso anno e nel cast erano presenti anche cantanti di rilievo come Anna de Amicis e il celeberrimo castrato Venanzio Rauzzini. Il debutto del Lucio Silla fu un successo a metà; nonostante il malcontento del pubblico per la presenza del debole tenore Bassano Morgnoni, come sostituto del ben più accreditato ma indisposto Arcangelo Cortoni, il soggetto piacque anche se poi l’opera cadde nel dimenticatoio dopo un discreto numero di repliche.
Il timido successo milanese sembrò essere, per il giovane Mozart, un preludio ad una carriera artistica alle dipendenze del Granduca di Toscana Pietro Leopoldo, sogno che, alla fine, non si realizzò mai.
Dal punto di vista delle aspettative non realizzate quindi, sappiamo che il Terzo viaggio in Italia si concluse con un insuccesso, tanto che Wolfgang abbandonò per sempre l’Italia per non farvi mai più ritorno; i successi e la fama sarebbero arrivati qualche anno più tardi, in Austria e a Praga.
Il destino delle opere giovanili, sfortunatamente, è quello di non essere considerate o peggio di essere dimenticate. Avviene così per quasi tutti i compositori, anche quelli più amati, e così è stato anche per Mozart. Si capisce che di fronte alla perfezione e alla completezza delle opere della trilogia dapontiana, la sorte del Lucio Silla non potesse essere altro che quello di cadere nell’oblio. Eppure quest’opera giovanile merita sicuramente una riflessione.
Uno dei fattori che sicuramente indurrà a ripensare al valore artistico di questo prodotto mozartiano è il confronto impietoso tra la brillantezza della musica e la banalità del libretto.
Il libretto di Gamerra – non occorre essere un critico letterario per capirlo- è mediocre, banale, quasi insignificante. Anzitutto non esiste un intreccio fluido ed avvincente capace di attrarre l’attenzione dello spettatore; le vicende si sviluppano per quadri separati che danno l’idea più di una successione automatica degli eventi più che di una concatenazione.
Nel testo del Gamerra, inoltre, è totalmente assente un’evoluzione dei personaggi che, dall’inizio alla fine, appaiono come dei monoliti, dei robot programmati per fare solo determinate cose e quindi immutabili, o che se evolvono non lo fanno in maniera credibile. Basti pensare all’epilogo: il perfido dittatore Silla si trasforma, nel giro di una scena, da malvagio tiranno insensibile e violento, a despota illuminato che rinuncia a tutto quello per cui aveva combattuto nel corso dell’opera. È chiaro che un epilogo del genere appare come calato dall’alto e quindi del tutto insignificante.
La trama è ulteriormente indebolita dalla mancanza di personaggi secondari completi e di spessore; i gregari, nel Lucio Silla, non appaiono come soggetti in grado di rafforzare la struttura dell’opera ma, al contrario, si presentano come personaggi totalmente incolore ed insignificanti. Pensiamo alla povera Celia e al suo imbarazzante innamoramento per Cinna o per Aufidio che si presenta per tutta l’opera come il cattivo per eccellenza – valido consigliere di Silla- salvo poi ricredersi e pentirsi di tutti i suoi misfatti nel mieloso clima finale di perdono e ripensamento.
Leggendo un commento del genere verrebbe immediatamente da pensare che il Lucio Silla sia un’opera da dimenticare, da cestinare. Lo sarebbe se si considerasse solo l’aspetto teatrale e drammaturgico del libretto; ma non si è ancora parlato della musica.
È la partitura musicale che trasforma il libretto insignificante di uno squilibrato letterato settecentesco in un gioiellino di note ed accordi che commuove per precisione ed armonia.
Quando la melodia riesce a trasformare un soggetto banale in un prodotto artistico di tutto rispetto allora si capisce di essere in presenza di un genio della musica.
La prima cosa che colpisce ascoltando il Lucio Silla per la prima volta, è la facilità con cui si riconosce, fin dalle prime battute dell’ouverture, il tocco musicale di Mozart, quello stile tutto personale unico e peculiare che si associa immediatamente alle Nozze di Figaro oppure al Don Giovanni.
È straordinario pensare come lo stile musicale mozartiano fosse già sviluppato e coerente all’età di sedici anni. Questo aspetto diventa ancora più rilevante se si considera come l’estro creativo di Mozart riesce ad emergere in tutta la sua bellezza nonostante le forzate strutture dell’opera settecentesca, caratterizzata dalla banale ed ossessiva alternanza di recitativi ed arie, andando a modellare un’opera che è piacere assoluto per l’orecchio dell’ascoltatore e tormento e fatica per gli interpreti che sono costretti a delle prestazioni canore non indifferenti, dove si richiede il massimo del talento e della duttilità vocale.
Nonostante le carenze drammaturgiche, la vicenda del Lucio Silla rimane interessante anche per le tematiche affrontate e per il tipo di valori che emergono dall’azione dei personaggi. Si consideri, in primo luogo, che il Lucio Silla è un’opera pienamente illuminista, esattamente come lo sono le ben più conosciute Nozze di Figaro, Il Ratto dal Serraglio o il Fidelio beethoveniano.
Nell’opera milanese di Mozart, emerge fin da subito il tema della lotta per la libertà contro l’iniqua tirannia. La vicenda stoica del dittatore romano Silla diventa un pretesto per parlare di temi politici che, all’epoca della composizione dell’opera, erano molto in voga. L’opera tratta di usurpazione del potere, di tirannia e di tiranni spregevoli, di esilio e di uomini virtuosi, pronti a sacrificare loro stessi per il bene comune.
Il messaggio finale è più che positivo; non solo la tirannia cade, ma cade per volontà stessa del tiranno che, ravveduto, vuole mettere fine ai propri errori rinunciando ai suoi sogni d’amore iniqui e ai simboli del potere. Abbiamo già spiegato come questo epilogo sia irrealistico e poco convincente sotto il profilo teatrale ma può comunque rappresentare un aspetto importante di riflessione per capire come, già all’età di sedici anni, Mozart fosse sensibile i temi caldi della sua epoca, un’epoca di grande fermento culturale che di lì a poco sarebbe esplosa nel grande stravolgimento della Rivoluzione Francese. Lucio Silla quindi, non è un’opera irrilevante o il prodotto di un genio ancora immaturo; Lucio Silla, al contrario, è un’opera ragionata, pienamente figlia del suo tempo.
Se fosse stata scritta nell’Ottocento da un italiano, nel pieno delle lotte risorgimentali, Lucio Silla sarebbe stata facilmente definita come un’opera patriottica; i riferimenti alla storia romana, agli eroi e ai valori fondanti della stirpe italica sono costanti e ripetuti fino allo sfinimento. Giunia e Cecilio diventano gli eroi della vicenda, i campioni di virtù e fedeltà ai propri retti principi, i patrioti che combattono per la libertà di Roma dalla dittatura. Questo aspetto è forse maggiormente visibile in Giunia che mai cederà alle avances di Silla pur di rimanere fedele ai propri valori, nel segno del rispetto nei confronti del padre Mario – che ha perso la vita nella guerra contro Silla- e del marito Cecilio che tutti le dicono essere morto.
Giunia va quindi ad incarnare tutte quelle caratteristiche della donna virtuosa, capace di lottare per i propri ideali morali e politici rimanendo sempre fedele ai suoi doveri di moglie onesta, ma che allo stesso tempo si mostra coraggiosa ed indomabile nel cercare di portare avanti il proprio progetto. Un’antenata romana della Leonore beethoveniana si potrebbe dire.
Lucio Silla, un disastro drammaturgico elevato dalla bellezza e dalla genialità della musica: potrebbe essere questa l’essenza del titolo mozartiano ridotta ad una frase. L’opera non fu il trampolino di lancio per una brillante carriera nel mondo dell’opera italiana ma a noi piace pensare che sia stata l’inizio tormentato di un percorso brillante che ha regalato all’umanità alcuni dei più bei frutti della storia della musica.
Ascolti
Ouverture
Vieni ov’amor t’invita [Cinna, Atto Primo]: dopo aver rincontrato il fedele amico Cecilio, Cinna esprime in quest’aria tutta la sua felicità e speranza. “Non è sempre il mar cruccioso”; Cinna è convinto che il destino sorride al suo amico che, forse, a breve potrà riabbracciare l’amata Giunia.
Il desìo di vendetta [Silla, Atto Primo]: dopo l’ennesimo rifiuto da parte di Giunia, Silla esplode in un’aria che è tutta rabbia e desiderio di vendetta. Il perfido dittatore promette di tramutare ogni suo affetto in furore e di non avere pietà per la donna che egli ama ma che continua ad insultarlo e a rifiutarlo.
Ah se il crudel periglio [Giunia, Atto Secondo]: Giunia ha appena concluso un dialogo con Cinna che gli ha svelato il suo piano per uccidere Silla; Giunia si è rifiutata di diventare la carnefice del despota dicendo che, prima o poi, saranno gli dei a punire Silla. L’aria comunica una certa inquietudine; Giunia si rende conto che Cinna è il solo che può salvare Cecilio da una condanna certa.
Quell’orgoglioso sdegno [Giunia, Cecilio, Silla- Atto Secondo]: ritmo frenetico e travolgente per questo meraviglioso terzetto che chiude il secondo atto. Silla promette di punire severamente i due amanti che si ostinano a sfidare la sua autorità e pazienza. Giunia e Cecilio, quasi rassegnati al peggio, sanno di dover morire ma saranno felici se, nel momento estremo, potranno almeno essere insieme.
Pupille amate [Cecilio- Atto Terzo]: l’estremo addio di Cecilio alla donna amata Giunia. Bellissima l’immagine di Cecilio che chiede a Giunia di non piangere poiché le sue lacrime lo fanno morire pria di morir.
Ouverture
Vieni ov’amor t’invita [Cinna, Atto Primo]: dopo aver rincontrato il fedele amico Cecilio, Cinna esprime in quest’aria tutta la sua felicità e speranza. “Non è sempre il mar cruccioso”; Cinna è convinto che il destino sorride al suo amico che, forse, a breve potrà riabbracciare l’amata Giunia.
Il desìo di vendetta [Silla, Atto Primo]: dopo l’ennesimo rifiuto da parte di Giunia, Silla esplode in un’aria che è tutta rabbia e desiderio di vendetta. Il perfido dittatore promette di tramutare ogni suo affetto in furore e di non avere pietà per la donna che egli ama ma che continua ad insultarlo e a rifiutarlo.
Ah se il crudel periglio [Giunia, Atto Secondo]: Giunia ha appena concluso un dialogo con Cinna che gli ha svelato il suo piano per uccidere Silla; Giunia si è rifiutata di diventare la carnefice del despota dicendo che, prima o poi, saranno gli dei a punire Silla. L’aria comunica una certa inquietudine; Giunia si rende conto che Cinna è il solo che può salvare Cecilio da una condanna certa.
Quell’orgoglioso sdegno [Giunia, Cecilio, Silla- Atto Secondo]: ritmo frenetico e travolgente per questo meraviglioso terzetto che chiude il secondo atto. Silla promette di punire severamente i due amanti che si ostinano a sfidare la sua autorità e pazienza. Giunia e Cecilio, quasi rassegnati al peggio, sanno di dover morire ma saranno felici se, nel momento estremo, potranno almeno essere insieme.
Pupille amate [Cecilio- Atto Terzo]: l’estremo addio di Cecilio alla donna amata Giunia. Bellissima l’immagine di Cecilio che chiede a Giunia di non piangere poiché le sue lacrime lo fanno morire pria di morir.