In questa prima parte della nostra guida alla celeberrima opera di Bizet, analizzeremo il rapporto temi/personaggi/musica e quello del genere della Carmen
Carmen: un capolavoro musicale
Diverse sono le motivazioni che ci portano a definire la Carmen di Georges Bizet come un capolavoro.
In un’opera lirica la musica è l’elemento fondamentale. Sulla musica si innestano le voci, la musica definisce l’atmosfera, la musica permette lo svolgersi della storia; da questo punto di vista Carmen è una delle migliori opere che siano mai state composte nella storia del genere operistico.
La partitura di Bizet è un gioiello, un microcosmo dove ogni parte è musicalmente perfetta ed originale. In Carmen la musica definisce ed inquadra i personaggi ma non si limita solo a questo; quando un’orchestra esegue la partitura dell'opera riesce a rendere tangibile ed evidente il tema centrale di tutta la vicenda: la degenerazione di Don José da uomo onesto e rispettoso della legge a criminale.
La musica, pertanto, accompagna e rende esplicita l’evoluzione dei personaggi. Il meraviglioso duetto del primo atto tra Don José e Micaela, caratterizzato da un motivo musicale dolce, soave e malinconico, ci mostra come José sia un uomo retto, onesto e rispettoso della madre e delle regole che questa gli ha insegnato. È un uomo ma in fondo è ancora un bambino ingenuo che soffre tremendamente la lontananza dal suo paese natale e dalla famiglia.
Il motivo del duetto, non a caso, è la stesso sia quando canta Micaela sia quando canta José: entrambi provengono dallo stesso ambiente e condividono gli stessi valori. José e Micaela sono dei “buoni” che vivono per soddisfare le aspettative che gli altri ripongono su di loro: la madre di José vuole che il figlio sposi Micaela; il brigadiere, in ossequio al volere della madre, alla fine del duetto dirà: “Non temere nulla madre mia, tuo figlio ti obbedirà e farà quello che gli dici: amo Micaela, e la sposerò”.
Nel primo atto quindi, la musica ci restituisce un Don José non ancora traviato dalla vita e stregato dalla seducente Carmen, la donna che sarà la sua ossessione, la rovina del suo (o meglio di sua madre) progetto di vita.
Lo stadio successivo della degenerazione di José è reso evidente dall’entr’acte tra il primo e il secondo atto: musica brillante, scandita e risoluta; Bizet anticipa il motivo che José canterà successivamente “Dragon d’Alcalà”, che ci permette di comprendere una nuova sfaccettatura del carattere di Jose: la sua parte più virile strettamente legata al suo ruolo di brigadiere nel corpo dei Dragoni di Alcalà.
All’inizio del secondo atto Don José è un uomo totalmente cambiato; è finito in carcere per aver lasciato fuggire Carmen ed è stato stregato dalla sua bellezza e fascino. Il brigadiere sembra aver completamente dimenticato la timida Micaela e le promesse fatte a sua madre. Il suo carattere si adegua al suo nuovo amore: per essere all'altezza di Carmen non si può più mostrare come il ragazzetto timido e pacato che era nel primo atto; ora deve essere deciso e coraggioso, un vero uomo insomma.
Le vicende del secondo atto ci mostreranno come in realtà José non riuscirà ad adattarsi a questo suo nuovo ruolo; sentendo la trombetta che suona la ritirata capisce che deve fare il suo dovere e ritornare in caserma. Il dovere viene ancora prima dell’amore. Soltanto la rissa con Zuniga costringerà José a seguire Carmen e i contrabbandieri nelle montagne diventando, egli stesso un fuorilegge.
Lo stadio finale della degenerazione si ha, naturalmente nel quarto atto. José arrabbiato, umiliato e abbandonato chiede a Carmen, che nel frattempo ha dato il suo amore al torero Escamillo, di seguirlo. Di fronte all'ennesimo rifiuto e al gesto sprezzante di Carmen che getta a terra l’anello che il brigadiere le aveva regalato, la storia giunge al suo tragico finale. La musica si fa volutamente disarmonica ed inquietante. La geniale contrapposizione tra l’allegria della Plaza de Toros e la disarmonia prima menzionata, non fa che risaltare ulteriormente la tragicità della scena che culminerà con la morte di Carmen e la passività di José che, incapace di fuggire, si consegnerà volontariamente alle autorità.
La stessa tecnica musicale usata con Don José è evidente anche in Micaela. Quando la giovane ragazza compare sulla scena, all’inizio del primo atto, la musica ci mette di fronte ad un’ingenua adolescente di campagna che si ritrova spaesata nella grande città, alla mercé degli appetiti sessuali dei soldati di guardia. È questa la prima impressione che abbiamo, eppure Micaela non è né ingenua né impaurita. Sarà lei, nel terzo atto, a superare le sue paure, recandosi al covo dei contrabbandieri per andare a recuperare José; Bizet è ben conscio di questo cambiamento e non manca di renderlo esplicito attraverso le meravigliose note che compongono la famosa aria “Je dis que rien ne m’épouvante”.
Il discorso fatto per José e Micaela si potrebbe estendere anche a Carmen ed Escamillo con la debita precisazione che, in questi personaggi, non c’è evoluzione.
Carmen, per tutta l’opera, resterà la donna indipendente e libera che conosciamo. Carmen non rinuncerà mai al suo stile di vita e alla sua libertà: “Jamais Carmen ne cédera, libre elle est née et libre elle mourra”, Carmen non cederà mai, è nata libera e libera morirà.
La stessa cosa vale per Escamillo che resterà, dall’inizio alla fine, quel campione di virilità ed atletismo privo tuttavia di uno spessore caratteriale proprio.
Oltre a descrivere l’evoluzione del personaggio, la musica, in Carmen, ha lo straordinario potere di evocare sentimenti e luoghi. La habanera è la seduzione, “Parle-moi de ma mère” è l’amore di un figlio verso la madre, “Carreau, Pique… c’est la mort” è il destino ineluttabile, “Les voici, les voici” è il trionfo e si potrebbe continuare all’infinito.
Per quanto riguarda i luoghi non occorre certo ricordare che le melodie di Bizet hanno la capacità di trasportare gli spettatori nei luoghi dell’opera. Anche chi non conoscesse nulla di Spagna riuscirebbe ad immaginarsi le atmosfere, i colori e le tradizioni del paese iberico ascoltando l’entr’acte tra il terzo e il quarto atto oppure la raffinatissima seguedilla “Près des remparts de Séville”. Bizet, anche da questo punto di vista, si rivela un musicista abilissimo e versatile, aperto a diverse esperienze musicali e acuto osservatore della realtà.
Bizet non visitò mai la Spagna; dichiarò esplicitamente che, in Carmen, il suo obiettivo non era imitare la musica spagnola (gli spagnoli lo avrebbero fatto meglio disse) bensì creare un’opera tipicamente francese, destinata ad un pubblico francese ma intrisa di spirito spagnolo, quello spirito che, se da un lato non deve costituire la principale chiave di lettura di Carmen, dall’altro conferisce a tutta la vicenda un senso di realismo che, insieme alla potenza dei sentimenti che animano l’azione dei personaggi in scena, rende Carmen un’opera unica nel suo genere.
Opéra-comique o Grand-Opéra?
Aprendo un qualsiasi libretto della Carmen, nella prima pagina si leggerà: “Carmen, Opéra-comique in 4 atti”.
Bizet concepì la sua Carmen come un’Opéra-comique, genere operistico francese dove il cantato si mescola al recitato. Nonostante le intenzioni del compositore, dopo la sua morte avvenuta il 3 giugno del 1875, l’amico Ernest Guiraud operò delle modifiche che, sostituendo i dialoghi recitati con dei recitativi “all’italiana”, trasformarono di fatto Carmen in un Grand-Opéra.
Se le modifiche di Guiraud da un lato portarono Carmen allo straordinario successo ottenuto a Vienna il 23 ottobre 1875, dall’altro stravolsero la struttura dell’opera così come Bizet l’aveva ideata e creata. Il taglio dei dialoghi recitati fece venir meno anche alcuni nessi logici che avrebbero contribuito a spiegare alcuni passaggi che, nella versione con i recitativi, risultano poco chiari.
Il fatto che Carmen fu concepita come Opéra-comique non ci deve indurre a pensare che il compositore adattò la sua opera ai canoni tradizionali di questo genere; Bizet rivoluzionò non solo il genere dell’Opéra-comique ma anche quello del melodramma tradizionale.
Nell’Opéra-comique, e più in generale nel melodramma tradizionale “all’italiana”, le protagoniste femminili sono, in genere, delle donne angeliche vittime delle ripugnanti azioni di uomini senza scrupoli e moralità. Bizet, da questo punto di vista, fu un rivoluzionario: in Carmen rovesciò una convenzione scenica e sociale trasformando la sua eroina da soggetto passivo ad attivo ed indipendente.
Carmen non subisce le decisioni degli altri perché è la sola artefice del proprio destino; prendendosi gioco degli uomini e dei loro sentimenti essa mostra a tutti la sua indipendenza, il suo rifiuto delle regole e delle convenzioni sociali, il suo amore per la libertà.
Un’altra novità apportata da Bizet al genere dell’Opéra-comique fu la scelta del finale: Bizet volle ed ottenne un finale tragico che si discostava totalmente dalla tradizione del genere.
Il direttore dell’Opéra-Comique, Camille Du Locle, tentò invano di convincere Bizet ad attenuare alcuni passaggi ritenuti piuttosto crudi e scabrosi nonché a modificare totalmente il finale; l’Opéra-Comique era un teatro che aveva la reputazione di essere adatto per le famiglie: la rappresentazione di una storia così scandalosa avrebbe scatenato le critiche più aspre.
Le critiche non tardarono ad arrivare come vedremo in seguito. Bizet accusò il colpo dell’insuccesso della prima, tanto che il suo stato di salute, già compromesso nel passato, peggiorò ulteriormente; morirà il 3 giugno del 1875.
Dal punto di vista della partitura e dell’orchestrazione Bizet venne attaccato tanto dai wagneriani, che lo accusarono di non aver assimilato totalmente gli insegnamenti del maestro tedesco, quanto dagli antiwagneriani che lo accusarono di essere un rivoluzionario.
La stima e l’ammirazione che Bizet si guadagnò, più tardi, da parte di Wagner, Cajkovskij, Puccini, Strauss, Nietzsche (solo per citarne alcuni), ci fa capire come le accuse mosse a Bizet furono del tutto pretestuose e superficiali.
A decretare il fiasco parigino di Carmen non fu la partitura (perfetta in ogni sua parte), ma i temi scandalosi che l’opera affrontava; Bizet, a modo suo – e quindi attraverso la musica-, seppe attaccare e mettere in ridicolo le contraddizioni di quella morale borghese che, con i suoi corredi di rispettabilità ed ipocrisia, dominava la società del XIX secolo.
Continua...
Carmen: un capolavoro musicale
Diverse sono le motivazioni che ci portano a definire la Carmen di Georges Bizet come un capolavoro.
In un’opera lirica la musica è l’elemento fondamentale. Sulla musica si innestano le voci, la musica definisce l’atmosfera, la musica permette lo svolgersi della storia; da questo punto di vista Carmen è una delle migliori opere che siano mai state composte nella storia del genere operistico.
La partitura di Bizet è un gioiello, un microcosmo dove ogni parte è musicalmente perfetta ed originale. In Carmen la musica definisce ed inquadra i personaggi ma non si limita solo a questo; quando un’orchestra esegue la partitura dell'opera riesce a rendere tangibile ed evidente il tema centrale di tutta la vicenda: la degenerazione di Don José da uomo onesto e rispettoso della legge a criminale.
La musica, pertanto, accompagna e rende esplicita l’evoluzione dei personaggi. Il meraviglioso duetto del primo atto tra Don José e Micaela, caratterizzato da un motivo musicale dolce, soave e malinconico, ci mostra come José sia un uomo retto, onesto e rispettoso della madre e delle regole che questa gli ha insegnato. È un uomo ma in fondo è ancora un bambino ingenuo che soffre tremendamente la lontananza dal suo paese natale e dalla famiglia.
Il motivo del duetto, non a caso, è la stesso sia quando canta Micaela sia quando canta José: entrambi provengono dallo stesso ambiente e condividono gli stessi valori. José e Micaela sono dei “buoni” che vivono per soddisfare le aspettative che gli altri ripongono su di loro: la madre di José vuole che il figlio sposi Micaela; il brigadiere, in ossequio al volere della madre, alla fine del duetto dirà: “Non temere nulla madre mia, tuo figlio ti obbedirà e farà quello che gli dici: amo Micaela, e la sposerò”.
Nel primo atto quindi, la musica ci restituisce un Don José non ancora traviato dalla vita e stregato dalla seducente Carmen, la donna che sarà la sua ossessione, la rovina del suo (o meglio di sua madre) progetto di vita.
Lo stadio successivo della degenerazione di José è reso evidente dall’entr’acte tra il primo e il secondo atto: musica brillante, scandita e risoluta; Bizet anticipa il motivo che José canterà successivamente “Dragon d’Alcalà”, che ci permette di comprendere una nuova sfaccettatura del carattere di Jose: la sua parte più virile strettamente legata al suo ruolo di brigadiere nel corpo dei Dragoni di Alcalà.
All’inizio del secondo atto Don José è un uomo totalmente cambiato; è finito in carcere per aver lasciato fuggire Carmen ed è stato stregato dalla sua bellezza e fascino. Il brigadiere sembra aver completamente dimenticato la timida Micaela e le promesse fatte a sua madre. Il suo carattere si adegua al suo nuovo amore: per essere all'altezza di Carmen non si può più mostrare come il ragazzetto timido e pacato che era nel primo atto; ora deve essere deciso e coraggioso, un vero uomo insomma.
Le vicende del secondo atto ci mostreranno come in realtà José non riuscirà ad adattarsi a questo suo nuovo ruolo; sentendo la trombetta che suona la ritirata capisce che deve fare il suo dovere e ritornare in caserma. Il dovere viene ancora prima dell’amore. Soltanto la rissa con Zuniga costringerà José a seguire Carmen e i contrabbandieri nelle montagne diventando, egli stesso un fuorilegge.
Lo stadio finale della degenerazione si ha, naturalmente nel quarto atto. José arrabbiato, umiliato e abbandonato chiede a Carmen, che nel frattempo ha dato il suo amore al torero Escamillo, di seguirlo. Di fronte all'ennesimo rifiuto e al gesto sprezzante di Carmen che getta a terra l’anello che il brigadiere le aveva regalato, la storia giunge al suo tragico finale. La musica si fa volutamente disarmonica ed inquietante. La geniale contrapposizione tra l’allegria della Plaza de Toros e la disarmonia prima menzionata, non fa che risaltare ulteriormente la tragicità della scena che culminerà con la morte di Carmen e la passività di José che, incapace di fuggire, si consegnerà volontariamente alle autorità.
La stessa tecnica musicale usata con Don José è evidente anche in Micaela. Quando la giovane ragazza compare sulla scena, all’inizio del primo atto, la musica ci mette di fronte ad un’ingenua adolescente di campagna che si ritrova spaesata nella grande città, alla mercé degli appetiti sessuali dei soldati di guardia. È questa la prima impressione che abbiamo, eppure Micaela non è né ingenua né impaurita. Sarà lei, nel terzo atto, a superare le sue paure, recandosi al covo dei contrabbandieri per andare a recuperare José; Bizet è ben conscio di questo cambiamento e non manca di renderlo esplicito attraverso le meravigliose note che compongono la famosa aria “Je dis que rien ne m’épouvante”.
Il discorso fatto per José e Micaela si potrebbe estendere anche a Carmen ed Escamillo con la debita precisazione che, in questi personaggi, non c’è evoluzione.
Carmen, per tutta l’opera, resterà la donna indipendente e libera che conosciamo. Carmen non rinuncerà mai al suo stile di vita e alla sua libertà: “Jamais Carmen ne cédera, libre elle est née et libre elle mourra”, Carmen non cederà mai, è nata libera e libera morirà.
La stessa cosa vale per Escamillo che resterà, dall’inizio alla fine, quel campione di virilità ed atletismo privo tuttavia di uno spessore caratteriale proprio.
Oltre a descrivere l’evoluzione del personaggio, la musica, in Carmen, ha lo straordinario potere di evocare sentimenti e luoghi. La habanera è la seduzione, “Parle-moi de ma mère” è l’amore di un figlio verso la madre, “Carreau, Pique… c’est la mort” è il destino ineluttabile, “Les voici, les voici” è il trionfo e si potrebbe continuare all’infinito.
Per quanto riguarda i luoghi non occorre certo ricordare che le melodie di Bizet hanno la capacità di trasportare gli spettatori nei luoghi dell’opera. Anche chi non conoscesse nulla di Spagna riuscirebbe ad immaginarsi le atmosfere, i colori e le tradizioni del paese iberico ascoltando l’entr’acte tra il terzo e il quarto atto oppure la raffinatissima seguedilla “Près des remparts de Séville”. Bizet, anche da questo punto di vista, si rivela un musicista abilissimo e versatile, aperto a diverse esperienze musicali e acuto osservatore della realtà.
Bizet non visitò mai la Spagna; dichiarò esplicitamente che, in Carmen, il suo obiettivo non era imitare la musica spagnola (gli spagnoli lo avrebbero fatto meglio disse) bensì creare un’opera tipicamente francese, destinata ad un pubblico francese ma intrisa di spirito spagnolo, quello spirito che, se da un lato non deve costituire la principale chiave di lettura di Carmen, dall’altro conferisce a tutta la vicenda un senso di realismo che, insieme alla potenza dei sentimenti che animano l’azione dei personaggi in scena, rende Carmen un’opera unica nel suo genere.
Opéra-comique o Grand-Opéra?
Aprendo un qualsiasi libretto della Carmen, nella prima pagina si leggerà: “Carmen, Opéra-comique in 4 atti”.
Bizet concepì la sua Carmen come un’Opéra-comique, genere operistico francese dove il cantato si mescola al recitato. Nonostante le intenzioni del compositore, dopo la sua morte avvenuta il 3 giugno del 1875, l’amico Ernest Guiraud operò delle modifiche che, sostituendo i dialoghi recitati con dei recitativi “all’italiana”, trasformarono di fatto Carmen in un Grand-Opéra.
Se le modifiche di Guiraud da un lato portarono Carmen allo straordinario successo ottenuto a Vienna il 23 ottobre 1875, dall’altro stravolsero la struttura dell’opera così come Bizet l’aveva ideata e creata. Il taglio dei dialoghi recitati fece venir meno anche alcuni nessi logici che avrebbero contribuito a spiegare alcuni passaggi che, nella versione con i recitativi, risultano poco chiari.
Il fatto che Carmen fu concepita come Opéra-comique non ci deve indurre a pensare che il compositore adattò la sua opera ai canoni tradizionali di questo genere; Bizet rivoluzionò non solo il genere dell’Opéra-comique ma anche quello del melodramma tradizionale.
Nell’Opéra-comique, e più in generale nel melodramma tradizionale “all’italiana”, le protagoniste femminili sono, in genere, delle donne angeliche vittime delle ripugnanti azioni di uomini senza scrupoli e moralità. Bizet, da questo punto di vista, fu un rivoluzionario: in Carmen rovesciò una convenzione scenica e sociale trasformando la sua eroina da soggetto passivo ad attivo ed indipendente.
Carmen non subisce le decisioni degli altri perché è la sola artefice del proprio destino; prendendosi gioco degli uomini e dei loro sentimenti essa mostra a tutti la sua indipendenza, il suo rifiuto delle regole e delle convenzioni sociali, il suo amore per la libertà.
Un’altra novità apportata da Bizet al genere dell’Opéra-comique fu la scelta del finale: Bizet volle ed ottenne un finale tragico che si discostava totalmente dalla tradizione del genere.
Il direttore dell’Opéra-Comique, Camille Du Locle, tentò invano di convincere Bizet ad attenuare alcuni passaggi ritenuti piuttosto crudi e scabrosi nonché a modificare totalmente il finale; l’Opéra-Comique era un teatro che aveva la reputazione di essere adatto per le famiglie: la rappresentazione di una storia così scandalosa avrebbe scatenato le critiche più aspre.
Le critiche non tardarono ad arrivare come vedremo in seguito. Bizet accusò il colpo dell’insuccesso della prima, tanto che il suo stato di salute, già compromesso nel passato, peggiorò ulteriormente; morirà il 3 giugno del 1875.
Dal punto di vista della partitura e dell’orchestrazione Bizet venne attaccato tanto dai wagneriani, che lo accusarono di non aver assimilato totalmente gli insegnamenti del maestro tedesco, quanto dagli antiwagneriani che lo accusarono di essere un rivoluzionario.
La stima e l’ammirazione che Bizet si guadagnò, più tardi, da parte di Wagner, Cajkovskij, Puccini, Strauss, Nietzsche (solo per citarne alcuni), ci fa capire come le accuse mosse a Bizet furono del tutto pretestuose e superficiali.
A decretare il fiasco parigino di Carmen non fu la partitura (perfetta in ogni sua parte), ma i temi scandalosi che l’opera affrontava; Bizet, a modo suo – e quindi attraverso la musica-, seppe attaccare e mettere in ridicolo le contraddizioni di quella morale borghese che, con i suoi corredi di rispettabilità ed ipocrisia, dominava la società del XIX secolo.
Continua...