Di: Giammarco Guzzetti - Foto: Brescia&Amisano
Aida
Opera in quattro atti- Libretto di Antonio Ghislanzoni
Musica di
Giuseppe Verdi
Opera in quattro atti- Libretto di Antonio Ghislanzoni
Musica di
Giuseppe Verdi
Domenica 15 marzo 2015
Teatro alla Scala di Milano- Settima Rappresentazione
Interpreti
Il Re: Carlo Colombara
Amneris: Anita Rachvelishvili
Aida: Maria José Siri
Radamès: Fabio Sartori
Ramfis: Matti Salminen
Amonasro: Ambrogio Maestri
Messaggero: Azer Rza-Zada
La Gran Sacerdotessa: Chiara Isotton
Direttore
Zubin Mehta
Regia
Peter Stein
Teatro alla Scala di Milano- Settima Rappresentazione
Interpreti
Il Re: Carlo Colombara
Amneris: Anita Rachvelishvili
Aida: Maria José Siri
Radamès: Fabio Sartori
Ramfis: Matti Salminen
Amonasro: Ambrogio Maestri
Messaggero: Azer Rza-Zada
La Gran Sacerdotessa: Chiara Isotton
Direttore
Zubin Mehta
Regia
Peter Stein
Passerà alla storia del Tetaro alla Scala come l'Aida più anticonformista delle ultime stagioni: niente ori, rovine archeologiche, sfingi o eserciti di comparse. Queste erano le indicazioni di regia di Peter Stein che ha voluto portare in scena un'Aida "purificata", lontana da quell'atmosfera da kolossal che, secondo il regista, non si ritrova nelle intenzioni di Verdi.
Come giustamente Stein ha fatto notare, nella partitura dominano le indicazioni di "piano" e "pianissimo", motivzioni che sono sufficienti a giustificare una lettura dell'opera tutta incentrata sull'intimità dei personaggi e sulla drammaticità degli eventi che questi sono costretti a vivere. Il regista tedesco si è mostrato assolutamente eccellente nel cogliere questo aspetto del capolavoro verdiano dimenticandosi però di dare la giusta importanza alle numerose e grandiose scene corali che pure costituiscono una colonna portante dell'Aida.
Ne consegue che la regia è apparsa incompleta ed incapace di cogliere tutte le sfaccettature di un'opera che può definirsi invero completa, perché in grado di bilanciare saggiamente la grandiosità con l'intimità e lo scavo psicologico dei personaggi.
Sbagliati quindi i tagli, sempre voluti da Stein, dei ballabili della Marcia Trionfale nel Secondo Atto, essenziali invece per cogliere tutto l'esotismo e la maestosità che innervano questo momento cruciale dell'opera.
Le scene di Ferdinand Wögerbauer si sono chiaramente adattate alle indicazioni del regista, presentandosi al pubblico in tutta la loro essenzialità sin dalla prima scena, dove l'ambiente del palazzo del Re a Menfi è stato reso con una semplice porta trapezioidale, chiaro rimando all'architettura egizia.
Wögerbauer ha dato il meglio nella Scena II del Primo Atto, coadiuvato dalle elegantissime luci di Joachim Barth, portando in scena un minimale ma estremamente evocativo e mistico Tempio di Vulcano.
Non si può però fare a meno di registrare le clamorose cadute di stile con oggetti di scena assolutamente fuori luogo ed inadatti al contesto, come ad esempio gli stendardi di Radamès e dei soldati apparsi durante la Marcia Trionfale che, assomigliavano più a dei vessilli da Palio di Siena; decisamente di pessimo gusto!
Contrastanti anche i pareri sui costumi di Nanà Cecchi: bellissimi nei loro colori quelli di Aida e degli etiopi, così come quello di Amneris. Impresentabili invece le palandrane in stile Guerre Stellari dei sacerdoti e il sacco nero che vestiva il povero Radamès nel primo atto.
Chiusa la doverosa parentesi sulla regia, che in Aida rappresenta una voce fondamentale, occorre dare pieno merito al grande direttore che con il suo talento smisurato ha saputo portare quest'Aida ad un successo trionfale nonostante le debolezze della regia. Zubin Mehta - che ha sostituito il compianto Lorin Maazel che avrebbe dovuto dirigere l'opera - è stato il vero leader di questa produzione, capace di un'interpretazione perfetta della partitura verdiana. L'Orchestra del Teatro alla Scala, in grande spolvero, ha seguito dall'inizio alla fine il suo capitano che ha condotto tutti ad un successo davvero meritato.
Toccante il preludio eseguito splendidamente, perfetto l'equilibrio con le voci, inebrianti ed emozionanti i grandi momenti corali.
Si può solo essere grati a Zubin Mehta per l'eccellente lavoro svolto e per le emozioni che ha saputo regalare ai presenti; grazie ad uno straordinario interprete l'immortale musica verdiana ha trionfato, nonostante tutto!
Nel cast dei cantanti spicca tra tutti i nomi quello di Anita Rachvelishvili, una meravigliosa Amneris che si è imposta come la vera protagonista dell'opera. La mezzosoprana georgiana, diplomata all'Accademia della Scala e già applauditissima Carmen nella Prima del 2009, ha incantato tutti con il suo timbro sensuale, coinvolgente e potentissimo oltreché preciso. Un talento canoro dirompente che, unito ad una straordinaria presenza scenica e comprensione delle personalità dei personaggi interpretati, fa della Rachvelishvili una delle migliori mezzosoprano in circolazione. Anita è stata perfetta nel trasmettere il tormento interiore dell'eroina cattiva dell'opera, combattuta tra l'amore per Radamès e la sete di vendetta.
Sublime nella scena del giudizio dell'Atto IV; ha letteralmente tenuto attaccati alle poltrone gli spettatori che pendevano dalle sue labbra e seguivano ogni suo gesto. Alla fine il consenso sulla sua prestazione è stato unanime; un boato l'ha accolta in proscenio a godersi il meritato plauso del pubblico delirante. Meravigliosa.
Maria José Siri ha sostituito all'ultimo l'indisposta Kristin Lewis nel ruolo di Aida. La Siri - che ha interpretato Aida in diversi teatri importanti come Vienna e Verona - ha convinto grazie alla sua emissione vocale corretta ed equilibrata anche se non del tutto coinvolgente.
Il pubblico ha comunque apprezzato la prova della soprano uruguayana che è stata brava in tutte le arie chiave del suo personaggio, specie in "Ritorna vincitor" e "Patria mia".
Decisamente deludente la prova di Fabio Sartori che pur era piaciuto molto nel ruolo di Gabriele Adorno nel Simon Boccanegra scaligero. La tecnica vocale non si discute, Sartori è un tenore di indubbio talento, e lo ha dimostrato anche in "Celeste Aida", incontestabile a livello di intonazione. Eppure Sartori non è apparso adatto al ruolo di Radamès; la tecnica non è sufficiente poiché dovrebbe sempre essere accompagnata da sentimento, passione e soprattutto immersione totale nel personaggio.
L'interpretazione del tenore nostrano è apparsa piatta, uniforme, incolore. Il ruolo non era decisamente adatto a Sartori che più volte è apparso impacciato nei movimenti scenici ed incapace di gestire lo spessore del grande e coraggioso guerriero egizio.
Straordinario Ambrogio Maestri nel ruolo di Amonasro; voce assolutamente convincente e un'interpretazione che ha saputo ritagliare un ruolo di tutto rispetto ad un personaggio che sembra secondario ma che in realtà è fondamentale per lo svolgimento della trama. Perfetto nel duetto con Aida del III Atto.
I complimenti si estendono anche a Carlo Colombara, ovvero il re. Voce adattissima al ruolo che ha raggiunto l'apice nel celebre coro "Su del Nilo al sacro lido".
Matti Salminen è stato un profondo e solenne Ramfis; voce grave e mai precaria. Sublime nella scena del giudizio.
Nota di merito ad Azer Rza-Zada e Chiara Isotton, solisti dell'Accademia di Perfezionamento per Cantanti Lirici del Teatro alla Scala. Si segnala particolarmente la prestazione della Isotton che ha delineato una Gran Sacertodessa misteriosa ed esotica.
Un'Aida molto lontana dalla tradizione, discussa, ma che comunque è piaciuta soprattutto perché, indipendentemente dalle scelte del regista, la musica è stata piena protagonista grazie all'ottima materia prima e al talento di uno straordinario direttore che colpisce non solo per le sue doti, ma anche per la sua eccezionale umiltà. Un grande direttore per una grande opera in un grandissimo teatro.
Come giustamente Stein ha fatto notare, nella partitura dominano le indicazioni di "piano" e "pianissimo", motivzioni che sono sufficienti a giustificare una lettura dell'opera tutta incentrata sull'intimità dei personaggi e sulla drammaticità degli eventi che questi sono costretti a vivere. Il regista tedesco si è mostrato assolutamente eccellente nel cogliere questo aspetto del capolavoro verdiano dimenticandosi però di dare la giusta importanza alle numerose e grandiose scene corali che pure costituiscono una colonna portante dell'Aida.
Ne consegue che la regia è apparsa incompleta ed incapace di cogliere tutte le sfaccettature di un'opera che può definirsi invero completa, perché in grado di bilanciare saggiamente la grandiosità con l'intimità e lo scavo psicologico dei personaggi.
Sbagliati quindi i tagli, sempre voluti da Stein, dei ballabili della Marcia Trionfale nel Secondo Atto, essenziali invece per cogliere tutto l'esotismo e la maestosità che innervano questo momento cruciale dell'opera.
Le scene di Ferdinand Wögerbauer si sono chiaramente adattate alle indicazioni del regista, presentandosi al pubblico in tutta la loro essenzialità sin dalla prima scena, dove l'ambiente del palazzo del Re a Menfi è stato reso con una semplice porta trapezioidale, chiaro rimando all'architettura egizia.
Wögerbauer ha dato il meglio nella Scena II del Primo Atto, coadiuvato dalle elegantissime luci di Joachim Barth, portando in scena un minimale ma estremamente evocativo e mistico Tempio di Vulcano.
Non si può però fare a meno di registrare le clamorose cadute di stile con oggetti di scena assolutamente fuori luogo ed inadatti al contesto, come ad esempio gli stendardi di Radamès e dei soldati apparsi durante la Marcia Trionfale che, assomigliavano più a dei vessilli da Palio di Siena; decisamente di pessimo gusto!
Contrastanti anche i pareri sui costumi di Nanà Cecchi: bellissimi nei loro colori quelli di Aida e degli etiopi, così come quello di Amneris. Impresentabili invece le palandrane in stile Guerre Stellari dei sacerdoti e il sacco nero che vestiva il povero Radamès nel primo atto.
Chiusa la doverosa parentesi sulla regia, che in Aida rappresenta una voce fondamentale, occorre dare pieno merito al grande direttore che con il suo talento smisurato ha saputo portare quest'Aida ad un successo trionfale nonostante le debolezze della regia. Zubin Mehta - che ha sostituito il compianto Lorin Maazel che avrebbe dovuto dirigere l'opera - è stato il vero leader di questa produzione, capace di un'interpretazione perfetta della partitura verdiana. L'Orchestra del Teatro alla Scala, in grande spolvero, ha seguito dall'inizio alla fine il suo capitano che ha condotto tutti ad un successo davvero meritato.
Toccante il preludio eseguito splendidamente, perfetto l'equilibrio con le voci, inebrianti ed emozionanti i grandi momenti corali.
Si può solo essere grati a Zubin Mehta per l'eccellente lavoro svolto e per le emozioni che ha saputo regalare ai presenti; grazie ad uno straordinario interprete l'immortale musica verdiana ha trionfato, nonostante tutto!
Nel cast dei cantanti spicca tra tutti i nomi quello di Anita Rachvelishvili, una meravigliosa Amneris che si è imposta come la vera protagonista dell'opera. La mezzosoprana georgiana, diplomata all'Accademia della Scala e già applauditissima Carmen nella Prima del 2009, ha incantato tutti con il suo timbro sensuale, coinvolgente e potentissimo oltreché preciso. Un talento canoro dirompente che, unito ad una straordinaria presenza scenica e comprensione delle personalità dei personaggi interpretati, fa della Rachvelishvili una delle migliori mezzosoprano in circolazione. Anita è stata perfetta nel trasmettere il tormento interiore dell'eroina cattiva dell'opera, combattuta tra l'amore per Radamès e la sete di vendetta.
Sublime nella scena del giudizio dell'Atto IV; ha letteralmente tenuto attaccati alle poltrone gli spettatori che pendevano dalle sue labbra e seguivano ogni suo gesto. Alla fine il consenso sulla sua prestazione è stato unanime; un boato l'ha accolta in proscenio a godersi il meritato plauso del pubblico delirante. Meravigliosa.
Maria José Siri ha sostituito all'ultimo l'indisposta Kristin Lewis nel ruolo di Aida. La Siri - che ha interpretato Aida in diversi teatri importanti come Vienna e Verona - ha convinto grazie alla sua emissione vocale corretta ed equilibrata anche se non del tutto coinvolgente.
Il pubblico ha comunque apprezzato la prova della soprano uruguayana che è stata brava in tutte le arie chiave del suo personaggio, specie in "Ritorna vincitor" e "Patria mia".
Decisamente deludente la prova di Fabio Sartori che pur era piaciuto molto nel ruolo di Gabriele Adorno nel Simon Boccanegra scaligero. La tecnica vocale non si discute, Sartori è un tenore di indubbio talento, e lo ha dimostrato anche in "Celeste Aida", incontestabile a livello di intonazione. Eppure Sartori non è apparso adatto al ruolo di Radamès; la tecnica non è sufficiente poiché dovrebbe sempre essere accompagnata da sentimento, passione e soprattutto immersione totale nel personaggio.
L'interpretazione del tenore nostrano è apparsa piatta, uniforme, incolore. Il ruolo non era decisamente adatto a Sartori che più volte è apparso impacciato nei movimenti scenici ed incapace di gestire lo spessore del grande e coraggioso guerriero egizio.
Straordinario Ambrogio Maestri nel ruolo di Amonasro; voce assolutamente convincente e un'interpretazione che ha saputo ritagliare un ruolo di tutto rispetto ad un personaggio che sembra secondario ma che in realtà è fondamentale per lo svolgimento della trama. Perfetto nel duetto con Aida del III Atto.
I complimenti si estendono anche a Carlo Colombara, ovvero il re. Voce adattissima al ruolo che ha raggiunto l'apice nel celebre coro "Su del Nilo al sacro lido".
Matti Salminen è stato un profondo e solenne Ramfis; voce grave e mai precaria. Sublime nella scena del giudizio.
Nota di merito ad Azer Rza-Zada e Chiara Isotton, solisti dell'Accademia di Perfezionamento per Cantanti Lirici del Teatro alla Scala. Si segnala particolarmente la prestazione della Isotton che ha delineato una Gran Sacertodessa misteriosa ed esotica.
Un'Aida molto lontana dalla tradizione, discussa, ma che comunque è piaciuta soprattutto perché, indipendentemente dalle scelte del regista, la musica è stata piena protagonista grazie all'ottima materia prima e al talento di uno straordinario direttore che colpisce non solo per le sue doti, ma anche per la sua eccezionale umiltà. Un grande direttore per una grande opera in un grandissimo teatro.